Assegno di mantenimento del figlio maggiorenne studente fuori sede
La coabitazione con il genitore assegnatario: assegno di mantenimento vs assegnazione della casa familiare
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ripetutamente chiarito, con orientamento costante, e da ultimo con la sentenza n. 2997/2020, che l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, ma si protrae, qualora questi, senza sua colpa, divenuto maggiorenne, sia tuttavia ancora dipendente dai genitori. In tale ipotesi, il coniuge separato o divorziato, già affidatario, è legittimato, iure proprio, ed in via concorrente con la diversa legittimazione del figlio, che trova fondamento nella titolarità, in capo a quest’ultimo, del diritto al mantenimento, ad ottenere dall’altro coniuge un contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne. La perdurante legittimazione del coniuge già affidatario, in difetto di richiesta di corresponsione diretta dell’assegno da parte del figlio divenuto nelle more maggiorenne, si configura come autonoma, nel senso che il genitore già collocatario, resta titolare, nei confronti dell’altro genitore obbligato, di un’autonoma pretesa basata sul comune dovere nei confronti del figlio ai sensi degli artt. 147 e 148 C.C.
La coabitazione può assurgere ad univoco indice del fatto che permanga un più intenso legame di comunanza familiare tra il figlio maggiorenne e il genitore con cui abita e che sia quest’ultimo la figura di riferimento per il corrente sostentamento del primo e colui che provvede materialmente alle sue esigenze. Ciò che decisamente rileva, perciò, ai fini della legittimazione, è che il genitore di cui trattasi sia appunto la figura di riferimento del figlio per il suo corrente sostentamento e colui che provvede materialmente alle sue esigenze; elemento, questo, rispetto al quale la convivenza ha valore puramente inferenziale.
Non può dunque darsi dirimente rilevanza al solo dato temporale della permanenza del figlio presso l’abitazione del genitore già collocatario. Mentre il rapporto coniugale è connotato di regola da una quotidiana coabitazione e dalla unicità di interessi familiari, quello di filiazione può essere più spesso caratterizzato, in presenza di peculiari e personali interessi del figlio, specie se maggiorenne, da una sua presenza solo saltuaria per la necessità di assentarsi con frequenza per motivi di studio o di lavoro anche per non brevi periodi. La sporadicità dei rientri presso l’abitazione del genitore, stante le ragioni dell’allontanamento, non comporta affatto, per ciò solo, che siano mutati i precedenti assetti di contribuzione familiare. In concreto, potrà verificarsi che sia quel genitore, pur in assenza di coabitazione abituale o prevalente, a provvedere materialmente alle esigenze del figlio stesso, anticipando ogni esborso necessario per il suo sostentamento presso la sede di studio. La casa ove vive il coniuge già collocatario assume rilevanza solo come luogo di ritorno e di ritrovo del nucleo familiare, sicché non è pertinente, l’accertamento dell’assidua o prevalente frequentazione della casa da parte del figlio.
Per quanto concerne, di contro, l’assegnazione della casa familiare, il parametro della prevalenza temporale è certamente dirimente, atteso che è solo l’effettiva e fisica presenza del figlio nella casa familiare a giustificarne l’assegnazione al coniuge già collocatario, sicché detta assegnazione va negata se difetta la prevalenza temporale effettiva della presenza del figlio nell’abitazione.