Responsabilità del committente per i lavori dati in appalto: obblighi di verifica e controllo

La sentenza n. 36438 del 26.11.2020 si colloca nel solco della giurisprudenza consolidata della Suprema Corte che prevede, in materia di responsabilità colposa, che il committente di lavori dati in appalto debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza e pertanto debba scegliere l'appaltatore, e più in generale il soggetto al quale affida l'incarico, accertandosi che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa. Egli ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (cfr. ex multis Sez. 3, n. 35185 del 26/4/2016, Marangio, Rv. 267744 in un caso relativo alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall'alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza). Tuttavia è stato precisato che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo (cfr. Sez. 4, n. 27296 del 2/12/2016 dep. il  2017, Vettor, Rv. 270100 in una fattispecie in tema di appalto di lavori di pulizia all'interno dell'azienda, in cui la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto la responsabilità del committente in relazione al reato di lesioni colpose, per aver dato incarico ad un lavoratore di pulire il piazzale della ditta usando soda caustica, senza assicurarsi che il datore di lavoro appaltatore avesse spiegato al dipendente la necessità di cambiare gli indumenti contaminati dalla predetta sostanza pericolosa).

Ma rimane anche fermo il principio che, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedano una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine.

Il committente è titolare di una autonoma posizione di garanzia e può essere chiamato a rispondere dell'infortunio subito dal lavoratore qualora l'evento si colleghi causalmente ad una sua colpevole omissione, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini (cfr. Sez. 4, n. 10608 del 4/12/2012).

Nel caso deciso dalla Corte con la sentenza in commento, la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali era immediatamente percepibile senza particolari indagini, perché tali misure erano del tutto assenti in relazione ad un operaio che lavorava in uno spazio angusto e ingombro di oggetti, in cui era difficile muoversi, senza un parapetto sul perimetro del tetto e senza un sistema di ancoraggio che gli consentisse di lavorare in sicurezza, evitando di cadere nell'apertura della cucina dove si stava installando il lucernaio. Va dunque ribadito che il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere "sotto - soglia"), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa - essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall'art. 3, comma ottavo, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 - sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro (così Sez. 4, n. 23171 del 9/2/2016, Russo ed altro, Rv. 266963, che, in applicazione di tale principio, ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di omicidio colposo del committente, il quale aveva omesso non solo di verificare l'idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità e tipologia dell'opera, ma anche di attivare i propri poteri di inibizione dei lavori, a fronte della inadeguatezza dimensionale dell'impresa e delle evidenti irregolarità del cantiere). L'approdo giurisprudenziale più recente può essere ben compendiato nell'arresto giurisprudenziale citato dai giudici del gravame del merito, ovvero Sez. 4, n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272221, secondo cui il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l'infortunio, sia per la scelta dell'impresa sia in caso di omesso controllo dell'adozione, da parte dell'appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, specie nel caso in cui la mancata adozione o l'inadeguatezza delle misure precauzionali sia immediatamente percepibile senza particolari indagini. (In applicazione di tale principio, la Corte - con riferimento a una fattispecie in cui i lavori appaltati erano stati oggetto di una catena di subappalti - ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di lesioni colpose del primo appaltatore, per avere omesso di vigilare sull'adozione, da parte dell'ultimo subappaltatore della catena, di presidi anticaduta nel vano ascensore in cui si era verificato l'infortunio, la cui mancanza era stata rilevata tre giorni prima dell'incidente dal coordinatore della sicurezza nominato dal primo committente).

 

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