DETENZIONE - CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE V PENALE

SENTENZA 5 Gennaio 2021 N.165

Le esigenze di sicurezza della persona offesa trovano un limite razionale laddove esse si incrocino con il nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione, anche alla luce del principio costituzionale dell'umanizzazione e della funzione rieducativa della pena, nonchè delle previsioni della normativa sopranazionale che proibiscono la sottoposizione del detenuto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, specie ove si afferma che la finalità del trattamento "deve essere quella di salvaguardare la salute e la dignità" (art. 3 delle Regole penitenziarie Europee)

Il problema del corretto equilibrio tra il diritto alla salute del condannato e le esigenze di sicurezza, effettività e certezza dell'espiazione della pena, nonchè di sottoposizione dei soggetti pericolosi ai doverosi controlli (Corte Cost., sent. 23 ottobre 2009, n. 264), va affrontato con la consapevolezza che "chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo che è tanto più prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua personalità individuale". (Corte Cost., sent. n. 349 del 1993).

Emblematica dell'orientamento della Corte costituzionale in ordine alla preminenza del diritto alla salute è la recente pronuncia con la quale, estendendo l'applicabilità della detenzione domiciliare "in deroga" ai casi di grave infermità psichica sopravvenuta in corso di detenzione, emerge l'apertura del Giudice delle Leggi verso il riconoscimento della prevalenza del diritto alla salute della persona nel bilanciamento con il principio di ordine e sicurezza pubblica.

Anche nella più recente giurisprudenza convenzionale il diritto alla salute - non specificamente declinato, ma ricondotto, per via ermeneutica, nell'alveo dei diritti garantiti, quale corollario del diritto alla vita (art. 2 CEDU), del divieto di pene e trattamenti inumani o degradanti (art. 3 CEDU), del diritto al rispetto della vita privata e familiare e del domicilio (art. 8 CEDU) - è stato oggetto di una maggiore attenzione e crescente severità nella verifica di compatibilità delle condizioni di detenzione con il rispetto della dignità umana. Dopo la sentenza Mouisel (Corte EDU, 14 novembre 2002, Mouisel v. France, ric. n. 67263/01.), che ha inaugurato tale filone, l'obbligo, relativo al trattamento dei detenuti malati, ha trovato una più analitica declinazione in un'importante sentenza del 2010, con la quale la Corte ha chiarito che esso si specifica in tre "obligations particulières": verificare che il detenuto sia in condizioni di salute tali da poter scontare la pena, somministrargli le cure mediche necessarie e adattare, ove necessario, le condizioni generali di detenzione al suo particolare stato di salute (Corte EDU, 9 settembre 2010, Xiros v. Greece,ric. n. 1033/07, p. 73). La prima obbligazione deriva dal principio, proprio dello Stato di diritto, secondo cui la "capacità di subire una detenzione" è presupposto indefettibile per l'esecuzione della stessa. Un ulteriore aspetto - qui specificamente rilevante - è stato sottolineato con la sentenza nel "caso Provenzano", (Provenzano c/ Italy, n. 55080/2013), in cui la CEDU nel riscontrare una violazione dell'art. 3 CEDU rispetto all'ultimo decreto di proroga del regime 41-bis, stante il deterioramento delle condizioni cognitive del recluso, ha considerato dirimente l'effettiva condizione psico-fisico del detenuto ai fini della determinazione della sua pericolosità.

La chiave di lettura risiede, dunque nella necessità di coordinare il principio di uguaglianza di tutti gli individui di fronte alla legge, di cui all'art. 3 Cost., con quello di tutela della salute ex art. 32 Cost. e del senso di umanità dell'esecuzione penale, art. 27 Cost. e art. 3 CEDU. Ciò implica riconoscere la dignità umana, al di là dei singoli comportamenti tenuti dalla persona, e la necessità di tutelare le esigenze di sicurezza pubblica senza, tuttavia, limitare i diritti fondamentali della persona. Se così non fosse l'esecuzione della pena verrebbe illegittimamente ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente a tutti riconosciuto (art. 32 Cost.) e si risolverebbe in un trattamento contrario al senso di umanità cui la stessa deve ispirarsi.

 

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